Infanzia, carriera e avventure di Giorgio Paternò, Veneziano di Sicilia

L’uomo che si legò alla colonna

Darix il gladiatore - 5




Per un attimo ci guardammo, ma la risposta non poteva essere che una: seguirlo. Fu così che la piccola comitiva, quel giorno la combriccola non era al completo, si accodò al direttore del circo che, con passo spedito, cominciò ad allontanarsi dalla zona delle giostre per andare verso il tendone, mentre l’uomo con la giacca a scacchi e la paglietta sulle ventitré seguiva il tutto con un sorriso maligno, prima di riprendere ad incitare la gente a provare l’ebbrezza di sparare ai palloncini e vincere un bellissimo premio.

Svoltammo un paio di angoli tra carrozzoni e vecchie automobili e la ghiaia, che in qualche modo rifiniva il piano dei baracchini dei giochi, cedette il passo ad una fanghiglia semiasciutta. Di colpo ci sembrò di essere entrati in un altro mondo, zeppo di personaggi più o meno strani e per lo più molto variopinti che si muovevano senza requie, trasportando attrezzi, provando esercizi o conducendo cavalli e cammelli per la cavezza. Anche gli odori erano cambiati ed al morbido profumo di pop-corn era subentrato un misto di puzza di animale e odore di paglia rancida. 

“Eccoci arrivati dai leoni!” disse il signor Togni e, a quelle parole, vidi Guido per un attimo impallidire mentre, con un filo di voce, sussurrava “Oh, mio Dio!”. Probabilmente, nella sua mente terrorizzata, aveva pensato che, in cambio della nostra bravata in stile western, qualcuno di noi sarebbe stato impiegato come cibo per quegli animali.

Probabilmente anche il signor Togni se ne doveva essere accorto, perché fece un sogghigno. “Siamo quasi arrivati”, disse poi mentre ci avvicinavamo ad una tenda dalla quale fuoriuscivano dei miasmi mefitici, degni di una descrizione dantesca.

Entrammo, turandoci un po’ il naso, e nella penombra vedemmo uno spettacolo inaspettato: posti in fila, l’uno a fianco all’altro, con alcuni inservienti in divisa rossa dai galloni d’oro che li stavano agghindando con accessori di stoffa dall’aria orientale, c’era una dozzina di elefanti. Grandi, anzi enormi, e molto, molto puzzolenti. 

“Tutto bene quaggiù?” chiese il direttore del circo. “Tutto benissimo, tra cinque minuti siamo pronti!” gli rispose il più allampanato tra gli inservienti che probabilmente era il capo perché, a differenza degli altri, era vestito con un corto gilet dai bordi dorati, un paio di calzoni a sbuffo col cavallo che arrivava quasi alle ginocchia ed un verde turbante in testa, decorato con un ciuffo di piume tenute assieme da un tanto vistoso quanto finto diadema di smeraldi .

“Ci sono dei visitatori?” chiese infine indicandoci.

“No, no. Sono qui per estinguere un debito”, rispose il signor Togni e, a quelle parole, tutti risero.

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